Viaggio in Thailandia – giorno 27
Scendo giù ad aspettare che passino a prendermi quelli dell’escursione, dopo 5 minuti arriva un tipo piccolino e dai tratti molto marcati da chi è stato temprato dagli agenti atmosferici. Parla un inglese inverosimile e spero sia solo l’autista. Purtroppo invece sarà lui la guida.
Salgo sul pulmino e non c’è ancora nessuno, alla fermata successiva salgono quattro tedesche di 21 anni e a quella dopo un olandese di 24 anni che è il classico figone di un metro e novanta dalla pelle scura e gli occhi chiari. Guardo le ragazze per vedere la reazione e vedo che si mettono subito sull’attenti. Bene, sono il vecchietto della comitiva, mi dico. Scatto una foto al gruppetto e andiamo.
La prima sosta è un vivaio di orchidee e farfalle. La classica fermata per far spendere qualche soldo ai turisti. Il posto non merita nulla e scatto un’unica foto.
Ci rimettiamo in moto ma poco dopo facciamo una sosta in un mercato affinché chi non ha portato con sé cose di prima necessità come carta igienica e torcia elettrica possa rimediare qui. Insomma, un’altra fermata per lo shopping.
Questo mercato ha una peculiarità che fino adesso non avevo visto in altri mercati tailandesi, e cioè il caccia mosche. Si tratta di frustini che sono come delle code arancioni di materiale sintetico che girano costantemente sopra la mercanzia affinché le mosche non possano poggiarsi. Ingegnoso. Parlando con il figone scopro che in Cambogia sono molto comuni. Il figone si chiama Rojiani, o qualcosa del genere, si dimostra un ragazzo simpatico e anche sveglio, è dei Paesi Bassi, di madre olandese e padre Sud Americano (il padre ha pure origini indiane e questo spiega i colori particolari che lo contraddistinguono e il suo nome tanto esotico). Ha fatto uno scambio universitario a Taiwan e adesso sta viaggiando in Asia prima di rientrare. Insomma, come usano fare i giovani non italiani.
Scatto un po’ di foto e riesco anche per pochi secondi a vedere scaricare dei pesci che si muovono con una vivacità straordinaria che certificano senza ombra di dubbio la freschezza del prodotto.
Dopo risaliamo sul furgoncino e puntiamo a nord verso il parco nazionale di Si Lanna, finalmente arriviamo alla base. Lì ci uniamo ad un altro gruppo di circa 7 componenti e sono persone dai trenta ai cinquant’anni. Finalmente non mi sento più il papà della situazione.
Ci danno il pranzo (ma non l’acqua che dobbiamo acquistare) e ci prepariamo per iniziare il trekking. La guida ci raccomanda di avere acqua a sufficienza perché sarà una bella salita e la temperatura è già alta. Acquistiamo quindi altre bottiglie d’acqua.
Io sono un po’ seccato, è già mezzogiorno e il caldo è decisamente molesto. Bastava partire un po’ prima ed evitare tutte queste stupide fermate per lo shopping e avremmo evitato di metterci a scarpinare sotto il sole. Per fortuna c’è una bambina deliziosa che fa un po’ la ritrosa e mi distraggo cercando di conquistarmela fino a riuscire ad avere gli scatti che voglio.
Passiamo da un villaggio di abitanti di etnia akha che hanno le loro bancarella sulla strada. Non vogliono essere fotografati se non gli compri un prodotto. Ovviamente non compro nulla e non scatto. Immortalo solo una giovane passante che porta sotto l’ombrello la piccola mezza addormentata visto che alla mia richiesta di foto mi risponde con un sorriso.
Cominciamo a Salire, Chad, questo è il nome della nostra guida, si ferma spesso per dirci cose incomprensibili e spesso inutili, come: questa è una chiesa cristiana (lo vediamo), qui il prete dà la messa (ma va?), dice le preghiere e non prega Budda ma Cristo (non me lo sarei mai aspettato!). Tutto ciò però con mille pause e balbettii facendosi suggerire le parole mancanti da noi che siamo tutti europei (e quindi più o meno cristiani) e parlanti inglese. Pare che voglia imparare un po’ di parole e stia approfittando di così tanti insegnanti.
Saliamo sotto la canicolaa, per fortuna la foresta si fa fitta e l’ombra ci dà tregua. La salita però è sempre più ripida, il fiato di tutti è corto e sudiamo abbondantemente. Chad si ferma tante volte per farci tirare il fiato, ma siamo noi ogni volta dopo un po’ a doverlo sollecitare a riprendere il cammino perché abbiamo voglia di camminare e vedere. Lui si mette a fare il clown con un senso dell’umorismo così infantile che nemmeno un ragazzino di 8 anni. Chad è nato e cresciuto in uno di questi villaggi e si vanta più volte (facendoci vedere) che può tranquillamente bere l’acqua del fiume, mentre noi no. Trallallerotrallallà!
Ed eccolo qua il nostro campione con Tim sullo sfondo, un americano della California con una faccia interessantissima che voglio fotografare più avanti. Inoltre è lui il più anziano del gruppo e mi fa sentire un giovincello finalmente, quindi gli voglio già bene.
Mentre saliamo noto dei roghi diffusi per la foresta, evidentemente sono quei fuochi di cui mi aveva parlato Brad, il giornalista incontrato a Khanom. Chiedo alla guida perché ci siano questi fuochi e pare che dica che si tratta di funghi, è per arrostirli, afferma. Strano modo di cucinare, penso. Ma sebbene faccia maggiori domande (anche qualcun altro del gruppo chiede), non riusciamo a capirne di più.
Ad un certo momento siamo molto in alto e ci sarebbe un bel panorama se il fumo non impedisse la vista, non faccio nemmeno una foto perché non verrebbe nulla di comprensibile.
Cominciamo la discesa, e se la salita è stata molto faticosa, andare giù risulta molto ma molto più difficile. Il terreno è sdrucciolevole e rischiamo spesso di scivolare. Ma per fortuna non ci sono burroni o altre situazioni pericolose e pian piano riusciamo ad arrivare a valle dove ci attende un gregge di mucche.
Tra queste avvisto degli animali con le corna e penso che siano tori. Mi tengo pertanto a debita distanza per evitare di farli innervosire ma poi noto che hanno sotto le tettarelle. Mucche con le corna, ok, non sapevo esistessero. Mi avvicino e le immortalo. Scopro pure che alle mucche non dispiace l’urina e che piangono.
Arriviamo al campo dove dormiremo che è anche dove ci sono gli elefanti sui quali faremo un giro. Adesso in merito devo fare una precisazione. Di fare la passeggiata sugli elefanti non è che me ne importasse nulla. Purtroppo l’escursione di solo trekking e rafting non c’era a causa della stagione e non rimaneva molta scelta. Qualche mio amico animalista stimato (principalmente Antonia che saluto con affetto) mi hanno sconsigliato l’esperienza per motivi etici. Mi sono un po’ interrogato a riguardo e poi mi sono chiesto: perché i cavalli li possiamo cavalcare e nessuno ha niente da ridire e sugli elefanti ci facciamo questi problemi? Sono entrambi animali selvatici che sono stati addomesticati tanto tempo fa. Forse siamo più abituati all’idea del cavallo semplicemente perché fa parte della nostra cultura da quasi sempre?
Comunque stiano le cose eccoli là gli elefanti, e fa un certo effetto vederli così mastodontici tra noi. Mi colpisce soprattutto la pelle rugosa e i disegni delle pieghe che sembrano quasi un’opera d’arte, c’è inoltre una bella luce ormai calante che mi regala alcuni minuti di grazia.
Faccio prima un giro nell’accampamento per ambientarmi ed è un posto che ha un suo fascino. Siamo in pieno contatto con la natura e gli animali sono tutt’intorno: cani, gatti, galline, oche e pulcini. Tutti amorevolmente insieme.
Dopo è il momento del giro sull’elefante, salgo con Nana, una ragazza di colore di Berlino studentessa di fotografia con cui abbiamo chiacchierato un po’ durante il trekking. Ci siamo subito riconosciuti per via dell’attrezzatura, siamo i più carichi di tutti.
Mi fa notare che il nostro elefante ha delle interessanti orecchie maculate e colgo l’immagine. La mano che vedete nell’immagine è sua.
Stare sull’elefante è un po’ come stare sulle montagne russe, l’animale si muove a strattoni e quando deve scendere un dislivello se non ti tieni forte rischi di scivolare via. Però la vista dall’alto con la luce del tramonto non è proprie niente male.
Finito il giro andiamo al fiume per il lavaggio degli elefanti, sulla strada vedo che la foresta continua a bruciare anche se pare che la facciano andare in fiamme in maniera molto sistematica: le linee infuocate sono drittissime.
Arrivo tardi e riesco ad assistere proprio agli ultimi minuti dell’operazione durante la quale i ragazzi più giovani si divertono a schizzare acqua sull’elefante e a tuffarsi dalla sua groppa.
Ma lì c’è la vera star del campo. Non sono i pachidermi i veri protagonisti di questo accampamento quanto una bambina di circa sette, otto anni dal nome impronunciabile. Una vera pesta ad energia nucleare. L’avevo notata appena arrivato che giocava con dei turisti come un vero maschiaccio, e adesso è qua che si diverte nell’acqua come fosse un pesce. Prende di mira le ragazze tedesche del nostro gruppo e le cavalca chiamandole elefanti. Parla un inglese elementare come quello della nostra guida ma con una pronuncia sicuramente migliore e ci fa morire dal ridere quando all’espressione ‘My God!’ (mio Dio!) che esclama qualcuno di noi lei ribatte ‘My Buddha!’. Predilige le donne e ha una spiccata antipatia per gli uomini. Rogiani si offre di fare da elefante per dare tregua alle tedesche che dopo un po’ sono stanche ma lei lo rifiuta con aggressività dandogli del ladyboy e prendendolo in giro facendo movenze effemminate che ci fanno ridere a crepapelle. Appena mi vede con l’obiettivo puntato su di lei prova immediatamente a spruzzarmi l’acqua addosso. Ma io non mi faccio intimorire ed eseguo un vero reportage su di lei entrando nell’acqua sia con la d700 che con la Gopro e ne approfitto per farmi pure una rifrescante nuotata nel fiume.
Ad un certo momento è tardi e c’è appena il tempo per uno scatto al tramonto dal fiume. Sulla via Nana mi fa notare un albero che le piace molto per la forma e fotografo anche quello.
Al campo ceniamo e dopo mangiato chiedo alla donna del bar (parola grossa, vendono solo acqua, cocacola e latine di birra) il motivo dei fuochi. Parla inglese leggermente meglio della guida e spiega che è per creare cenere, quando pioverà creerà le condizioni ideali per far crescere i funghi. Dunque, è par farli crescere meglio o per arrostirli? Non lo saprò mai.
Siamo tutti intorno al fuoco a chiacchierare . Si parla di Tailandia, viaggi e posti da visitare. Ad un certo orario (molto presto per la verità) comincio a sbadigliare, rimangono solo i giovanissimi e io mi ritiro a dormire nella capanna comune. Prima di addormentarmi sento le risate dei ragazzi e un po’ mi spiace non avere più vent’anni e stare tra di loro, poi però mi ricordo com’era essere ventenne e sinceramente non farei a cambio. Meglio adesso. Tiro la zanzariera e buonanotte. Domani continua l’avventura, qualcuno afferma che faremo rafting, ma non ci sono notizie certe.
Che bambine meraviglose, sembrano che stiano lì ad aspettarti per farsi fotografare. Rafting vero o bamboo rafting? Valeva proprio la pena andare al nord, o no?
Entrambi i tipi di rafting. Sì, il nord merita!
Come al solito ci emozioni e ci entusiasmi con la bellezza dei paesaggi e dei tuoi racconti.