Viaggio in Thailandia – Giorno 30
Alle 4.59 apro gli occhi spontaneamente. Guardo l’orologio e per alcuni secondi non capisco l’orario. Oddio! È tardissimo, alle 4.50 dovevo essere davanti all’agenzia ad aspettare il pulmino per l‘aeroporto! Perché non è suonata la sveglia del cellulare?! E perché quel deficiente della reception non ha bussato per svegliarmi alle 4.40 come pattuito?! Mi alzo e come un tornado raccolgo le mie cose, passo dalla reception e c’è un altro ragazzo, gli lancio la chiave della stanza e balbetto qualcosa del tipo: è tardi devo scappare. Il tizio mi guarda allibito e credo che sospetti che gli abbia lasciato la stanza devastata e per questo stia scappando. Nemmeno mi giro per spiegargli meglio e corro via sperando il pulmino sia un in ritardo, non ho nessuna voglia di perdere un volo intercontinentale. Sono davanti all’agenzia alle 5.01. Non chiedetemi come sia riuscito in 60 secondi a vestirmi, raccogliere tutto, consegnare la chiave e arrivare qua. Non lo so, ma dopo questa prova di velocità credo che farò domanda di lavoro ai box Ferrari per fare quello che cambia le ruote ai pitstop. Ovviamente non mi sono lavato, e faccio sempre più schifo.
Arrivo all’aeroporto e scopro che il mio volo ha 2 ore di ritardo… ma vaff… vabbè, inutile arrabbiarsi. La compagnia per scusarsi mi dà un buono dell’equivalente di €7 da spendere in alcuni bar convenzionati… non c’è nulla da fare, stanno complottando contro di me affinché non riesca a spendere i miei ultimi bath!
Le due ore del ritardo si vanno ad aggiungere alle tre ore canoniche di anticipo per voli intercontinentali per un totale di 5 ore in aeroporto. Come potete immaginare approfitto di tutto questo tempo morto per lavorare al computer e anche per cambiarmi e darmi una mezza lavata nei bagni dell’aeroporto. Butto nel cestino del bagno i miei pantaloncini tanto amati ormai del tutto consumati, indosso i pantaloni lunghi e prendo dallo zainone grande l’essenziale per il viaggio, infatti lo imbarcherò e lo rivedrò a Milano.
Finalmente decollo e faccio un viaggio tranquillo, lavoro alle foto e mi guardo anche un film. Conosco Carl, un mio coetaneo del sud dell’Inghilterra. Fa l’operaio edile e qualche anno fa è venuto in vacanza in Thailandia, ha conosciuto una tailandese e… adesso è papà di un bimbo con gli occhi a mandorla di due anni. Al momento Carl vive in Inghilterra e vede il figlio e la ragazza due tre volte l’anno, ma sta pensando di trasferirsi in Asia. Non sa ancora come ma questa è l’intenzione. Che ci sto a fare in Inghilterra, mi chiede, e sinceramente non so dargli torto. In Tailandia ha una fidanzata 12 anni più giovane di lui, un figlio e un clima decisamente migliore di quello di Sua Maestà. Inoltre mi spiega che la sua ragazza paga nel quartiere popolare dove vive €70 al mese di affitto, e le bollette sono ridicole. Carl sta cercando di risparmiare un po’ di soldi per fare come un connazionale suo amico carissimo (quello che gli ha presentato la mamma di suo figlio): cominciare con un baretto per gli europei e poi si vedrà. Il suo amico adesso ha una delle discoteche più grosse di Pattaya.
Mi parla di suo figlio e si vede che gli è affezionato, è molto orgoglioso del fatto che sappia già usare il suo smartphone per giocare ai videogame, è un bimbo molto sveglio, mi confida tronfio, però ha anche un caratterino, mi sussurra, per adesso non mi parla perché sono partito, è arrabbiato con me, l’ultima volta non mi ha parlato al telefono per una settimana!
Auguro tanta fortuna a Carl e di realizzare il suo progetto affinché possa stare vicino a suo figlio, ha la mia stessa età con appena una decina di giorni di differenza, è del mio stesso segno zodiacale e mi sembra proprio un buono.
Mi affaccio dal finestrino e siamo quasi già arrivati, ci avviciniamo all’aeroporto e rimango colpito dalla vista del deserto (io amo profondamente guardare il deserto dall’alto), inoltre nelle vicinanze della pista d’atterraggio la vista delle strade crea una serie di disegni geometrici molto affascinante. Qui di spazio ne hanno davvero tanto.
Atterro e vedo tantissimi cantieri aperti, stanno allargando sensibilmente l’aeroporto e costruiscono, costruisco ovunque, strade, fognature, palazzi e grattacieli. Di petrodollari ne hanno davvero tanti questi arabi.
Sono ad Abu Dhabi, sono le 3 e mezza del pomeriggio e il mio volo per Milano è domattina alle 9. Che faccio tutto questo tempo? Vorrei approfittarne per vedere qualcosa, inoltre vorrei anche una stanza d’albergo perché ho bisogno di lavarmi e di dormire in un letto comodo, ho 4 ore di sonno e per giunta poche tranquille… con sottofondo di musica techno.
Non ho la più pallida idea di cosa fare. Mi rivolgo ad una hostess che mi ha sorriso molto durante il viaggio per chiederle dove trovo un ufficio informazioni della compagnia aerea ma si offre di rispondere lei stessa alle mie domande. Si chiama Simona, è italiana, carina e gentilissima, mi spiega dove andare a dormire (l’albergo che hanno appena costruito a fianco all’aeroporto, è abbordabile per i prezzi di Abu Dhabi e molto comodo, nel caso non ci fossero posti mi dà una lista di altri tre o quattro hotel in centro); mi conferma che non ho problemi per il visto, mi dice come raggiungere il centro (col taxi €15/20, si può fare), qual è il cambio (€1 è circa 5 dirham), cosa vedere (la Corniche, che è la passeggiata sul mare, la Grande Moschea e il centro commerciale Marina Mall) e che in aeroporto c’è anche il wifi gratuito se ho bisogno di navigare. E’ meglio di un ufficio informazioni e, per ogni evenienza, mi dà pure il suo numero di telefono personale… ammazza, essere sporco e puzzolente evidentemente mi dà fascino!
In aeroporto prelevo l’equivalente di circa €150 (non ho la minima idea di quanto abbia bisogno per stare in giro negli Emirati Arabi alcune ore) ed esco per andare all’hotel. Vengo investito dal caldo del deserto e mi pento di aver su i pantaloni lunghi ma non posso rimettermi quelli corti perché li ho buttati. Comunque presto il sole andrà via e la temperatura si abbasserà, mi consolo.
Al Premier Inn prendo una camera e la pago €90 con colazione che per per Adu Dhabi è niente ma è l’equivalente di ben 12 notti a Chiang Mai. La stanza è… finalmente una vera stanza d’albergo: tv, frigo, cassaforte, un bagno grande e pulito, aria condizionata, vista sul deserto, sapone , shampo, asciugamano grande e asciugamano piccolo, insomma un vero lusso per me abituato ad un mese di topaie.
Mi faccio immediatamente una doccia veloce perché vorrei approfittare delle poche ore di luce che rimangono e vedere qualcosa, scendo e la reception chiamare un taxi per me che arriva 5 minuti dopo.
Chiedo al tassista di portarmi sulla Corniche ad una fermata del Bigbus, uno di quegli autobus per turisti che fanno il giro della città. Una cosa poco avventurosa, lo ammetto, ma che però risulta ideale per chi come me ha pochissime ore e vuole avere una vista d’insieme del posto. Purtroppo c’è traffico e l’aeroporto è più distante di quanto immaginassi, arrivo lì che ormai l’autobus ha smesso di fare servizio. Peccato. Vedo dal taxi la Corniche, sono tentato di farmi una passeggiata per gustarmela meglio ma non voglio perdere altro tempo, la luce sta calando in fretta e la cosa più interessante da vedere qui è la Grande Moschea, una delle più grandi al mondo. Chiedo pertanto al tassista di portarmici. Scambio due parole con il conducente e scopro che la benzina, come immaginavo, è molto conveniente, mi dice il prezzo e rimango allibito, non credevo tanto economica: circa 30 centesimi di euro al litro! Il tassista è del Bangladesh, ha la famiglia al suo Paese e lavora qui come tanti suo connazionali, due anni fa gli Emirati Arabi hanno però chiuso le frontiere e si ritiene fortunato. Mi chiede dell’Italia, com’è la situazione lavorativa e se si può entrare, sa di tanti altri bengalesi nel mio Paese. Gli dico di lasciar stare, che le frontiere sono anche da noi chiuse e che l’economia è un disastro ultimamente. Mi confida che sapeva già della nostra crisi, ha amici che se ne sono andati via dal Belpaese proprio per questo. Ammazza, se cominciano ad andarsene anche gli immigrati significa che siamo messi davvero male, penso.
Faccio delle foto durante il tragitto anche se scattare in corsa è una cosa che odio.
Finalmente arrivo alla Grande Moschea. Capisco subito perché l’aggettivo la qualifica in maniera univoca. E’ realmente imponente. La luce è ormai bassa e si miscelano in maniera alquanto interessante l’illuminazione artificiale con quella del crepuscolo. E’ un trionfo di marmi, oro zecchino e pavimenti lucidissimi. Le donne devono essere integralmente coperte e c’è persino un guardaroba per le turiste affinché possano essere fornite di una tunica per ricoprirsi da testa ai piedi. Gli uomini possono vestirsi come vogliono ad eccezione di canottiere e pantaloncini. Inoltre gli ingressi per la preghiera sono distinti per i sessi.
Faccio un bel po’ di scatti e mi rammarico di non aver portato né il treppiedi e né un filtro ND che mi sarebbe stato utile per una foto che ho adesso in mente. Non mi arrendo, faccio lo stesso la fotografia con i mezzi che ho a disposizione. Considerando che non ho l’attrezzatura adatta non mi pare sia venuta male.
Dentro la moschea si caratterizza per la vastità degli spazi e per le decorazioni bizantine degli stucchi, il motivo decorativo è principalmente floreale.
Incontro nello spiazzale due ragazzi con treppiedi che stanno riprendendo le cupole, vedendomi passare da lì mi chiamano. Mi chiedono se sono un fotografo professionista, appena gli dico di sì si illuminano e mi chiedono consigli tecnici su come scattare la foto. Tempi, diaframma ecc. Cerco di fare del mio meglio e sembrano molto contenti di scattare sotto le mie direttive. Smonto però un po’ il loro entusiasmo quando gli confido che la foto che stanno facendo mi pare banale. Ho notato che pubblicizzano nella moschea un concorso fotografico e suggerisco loro di fare qualcosa di diverso rispetto alla solita foto delle cupole, sarà stata fotografata milioni di volte, gli spiego. Suggerisco di prendere una loro bell’amica e di fare qualcosa di fashion, gli dico come farei io e gli descrivo già l’immagine finale. Dallo sguardo sognante già vedo uno dei due che immagina la sua foto su Vogue Arabia (esiste? Non lo so), l’altro invece è più pragmatico, dice che non hanno amiche belle e chiude lì il sogno.
Comunque sono due ragazzi simpatici, mi dicono i nomi impronunciabili che dimentico nell’istante preciso nel quale li ripeto maldestramente e qui potete vedere le loro facce.
Dopo la visita alla moschea prendo un taxi e mi faccio portare al Marina Mall, non capisco perché tutti vogliano farmi andare ad un centro commerciale (pare che gli shopping centers qui siano delle attrazioni) e vado a vedere con i miei occhi.
Effettivamente è una struttura molto grande, l’attrazione è una fontana che lascia cascare i suoi getti d’acqua da grande altezza con dei ritmi ben precisi che creano una sorta di musicalità, e poi soprattutto una torre con ascensore a vetri che sale velocemente ad altezza vertiginosa fino al penultimo piano a 126 metri, dove c’è un bar che si sviluppa tutto intorno, e all’ultimo piano un ristorante rotante anch’esso circolare dal quale si gode una bellissima vista attraverso i vetri. Rimango deluso che però non ci sia alcuna terrazza scoperta, inoltre per rimanere lì devo consumare qualcosa e io ho già cenato (ho mangiato al piano terra in un fast food di cibo arabo). Per curiosità mi faccio dare il menu e contrariamente alle mie attese i prezzi non sono proibitivi.
Quello che però colpisce maggiormente la mia attenzione non è la fontana a scroscio ritmato, né tanto meno la torre con la sua vista su Abu Dhabi, quanto gli uomini e le donne con i loro vestiti tradizionali che girano per il centro commerciale. Mi pare che i loro abiti facciano un certo attrito con la modernità dei negozi dei grandi marchi e i bar e la merce in vendita. La cosa che mi colpisce è vedere così tanti giovani indossare con grande naturalezza quei vestiti che parlano di un tempo così lontano. Mi scateno pertanto a fotografarli da tutte le prospettive. Mi piace particolarmente la visione di loro che comprano profumi, la donna di cui si vedono solo gli occhi che spunta dalle scale mobili con i propri acquisti presso il negozio di moda all’ultimo grido Mango, e i due arabi che si fanno decantare le qualità di un SUV che potrebbero acquistare seduta stante. C’è persino un manichino che indossa il turbante e la loro tunica.
Ad un certo punto comincio a sentire la solita claustrofobia che mi prende quando sto troppo in un centro commerciale, quindi esco e prendo un taxi e me ne torno in albergo.
Mi metto subito a letto e mi addormento immediatamente come un bambino. Domani si parte e il viaggio sarà davvero finito. Tristezza.
Cool 🙂
Mamma mia , hai finito davvero alla grande!!!!!!!! Che meraviglia di foto. Che fascino, non avrei mai sognato di poter vedere queste cose fantastiche. Le foto sono così meravigliose, piene di luci, stupefacenti, da farmi sognare, come se li avessi visto personalmente. Chi l’avrebbe detto che avrei potuto vedere tutte queste meraviglie e persino dall’aereo le forme giometriche del deserto. Antonio grazie di esitere.