Fotografo di terza generazione mi sono dedicato alla fotografia sin da giovanissimo lavorando nello studio di famiglia. Ho cominciato presto a viaggiare e scattare per conto mio dedicandomi con passione anche allo studio della letteratura e delle lingue. Mi sono laureato tra l’Italia e l’Inghilterra e dopo alcuni anni vissuti tra l’Europa e il Sud America, passati a leggere, scrivere, disegnare e fotografare, ho cercato di elaborare un mio stile fotografico che potesse sintetizzare i miei tanti interessi artistico-culturali. Nel 2000 mi sono trasferito a Milano e mi…
Questo è il racconto fotografico del mio viaggio in Messico e Cuba con Marilena, mia moglie. Il post di oggi vi racconta Cuba, l’Avana.
Se sei un appassionato/a di viaggi e vuoi conoscere tutti i dettagli organizzativi e/o se ami la fotografia e vuoi avere informazioni tecniche vai al giorno 1 e 2 del viaggio, all’inizio del post c’è una premessa che fa per te.
Dopo 4 giorni di lusso ai massimi livelli presso il Valentin Imperial Maya di Playa del Carmen per concludere la nostra vacanza in Messico, lasciamo la terra maya per volare a Cuba. Le sensazioni sono contrastanti, da una parte il rammarico di lasciare un Paese con un ricchissimo patrimonio storico-culturale e paesaggi naturalistici eccezionali, e dall’altra l’eccitazione all’idea di visitare finalmente una nazione sognata per una vita intera, i luoghi di Che Guevara, di Fidel Castro e il Paese del comunismo eroico che è riuscito nel bene e nel male a resistere alle lusinghe e alle minacce del capitalismo statunitense. Una nazione al tramonto di un’era irripetibile che si sta concludendo con la fine della vita del Leader Maximo, ormai gravemente malato, un luogo da visitare prima che cambi completamente. Un Paese dalle grandi contraddizioni, dall’immortale fascino, e la sua celeberrima capitale: Cuba, l’Avana.
Ci rechiamo all’aeroporto di Cancun e voliamo verso la capitale cubana con Interjet Airlines, un volo molto breve e anche poco costoso (per i dettagli organizzativi del viaggio vai al giorno 1 e 2 del viaggio). Arrivati all’Avana ci verrà a prendere qualcuno per conto di Case Cuba, agenzia tramite la quale abbiamo prenotato le case particular (l’equivalente dei nostri B&B) presso le quali soggiorneremo per avere maggiore contatto con la popolazione locale e un’esperienza più vera di Cuba. Scesi dall’aereo e recuperati i bagagli chiamiamo il nostro referente, e un signore ci viene subito a prendere con una vecchia Chevrolet Bel Air, salgo sull’auto e appena dentro mi sembra di essere risucchiato in un vecchio film ambientato negli anni 50. Durante il viaggio verso l’Avana mi rendo conto che il primo stereotipo di Cuba piena di vecchie macchine americane degli anni 40 e 50 è assolutamente vero. Purtroppo anche il preconcetto sulla povertà di questo Paese è confermato, le vecchie auto infatti vengono risistemate e rappezzate da decenni con tutti i disagi che ciò comporta. Superiamo una vecchia auto verde pisello che ci ha avvelenato per quasi un chilometro con una nuvola nera di gas di scarico, al volante un padre che con una mano afferra il manubrio e con l’altra tiene lo sportello che non si chiude ormai più.
Arriviamo nella casa particular che ci ospiterà per due notti. La padrona di casa è molto gentile e ci parla con un italiano molto buono. Ci mostra la casa e ci spiega con grande lentezza, scandendo con un certo orgoglio e con una sonnacchiosa cantilena ogni parola per sottolineare cose per noi ovvie, che probabilmente scontate per i cubani non sono: “questo è il rubinetto: a sinistra acqua calda, a destra acqua fredda”. Dopo il breve tour dimostrativo delle basilari comodità della casa, la signora si siete davanti ad un computer portatile e vedo che naviga su internet, le chiedo speranzoso se c’è il wi-fi: mi risponde tra l’imbarazzato e il fiero che internet è illegale per i cubani, e che è permesso solo ai turisti ma presso gli alberghi più costosi.
Posiamo tutto e convinco Marilena ad uscire subito per fare una passeggiata orientativa in centro, mia moglie è già nostalgica del Messico e le primissime impressioni di Cuba non la stanno emozionando come invece stanno facendo con me. La signora ci avvisa che ci fermeranno sicuramente dei cubani o cercando di diventare nostri amici per spillarci dei soldi oppure chiedendoci di comprare per loro latte o pannolini per i figli, la pratica comune è però che torneranno nel negozio presso cui abbiamo eventualmente comprato i prodotti per loro, e restituiranno il latte o i pannolini e si faranno dare parte dei soldi, il resto lo terrà il commerciante. Questa ammonizione, da parte di una cubana, ci fa già capire molto del luogo che stiamo per visitare.
In giro le vecchie macchine americane e le effigi del Che sono ovunque.
Una bimba mi guarda incuriosita con la sua canottiera rivoluzionaria.
E’ una città peculiare Avana, un luogo che conserva ancora una certa opulenza di un lontano passato coloniale ma che non riesce più a nascondere la propria povertà: le strade piene di sporcizia, i palazzi in rovina, la puzza tra i vicoli e le farmacie sporche e inadeguate. Dà prepotentemente l’impressione di una città rimasta disabitata per decenni e i cui palazzi, fatiscenti da anni e anni di abbandono, sono stati improvvisamente abitati da un popolo che non sa bene cosa fare e che approfitta dell’incertezza per riposare, aspettare e far musica.
La gente sembra in sospeso, in attesa di capire cosa succederà con la morte del leader che fino adesso tutto ha deciso, un futuro probabilmente pieno di cambiamenti, ma di sicuro anche molto incerto.
Un città però piena di storia, cultura, arte e musica. Dove gli amanti della letteratura possono saggiare il daiquiri, il drink preferito di Ernest Hemingway, proprio nel bar da lui più frequentato, il Floridita.
Una città dove la musica è letteralmente in ogni angolo.
Una città dove gli amanti dell’arte possono godere di un fervente ambiente espressivo che si manifesta soprattutto nell’arte figurativa. El Prado, la via centrale della capitale, è un susseguirsi di artisti e artigiani che cercano di vendere la loro opere. Arte ancora però fortemente condizionata dalla censura che non permette ai turisti di fare uscire dal Paese quadri che contestino apertamente il regime.
Alcuni artisti però non sembrano volersi rassegnare alla censura e provano a vendere comunque i loro quadri di denuncia.
Una città dalla popolazione molto giovane, dove bambini e ragazzini a petto nudo passano le loro pigre giornate tra le strade sporche e colorate.
I ragazzi non hanno gli smartphone a stordirli e si entusiasmano, come noi una volta, con giochi semplici, e una palla di gomma può intrattenerli per ore.
Sono proprio i colori ciò che mi affascina di più di questo luogo, i colori della frutta dei venditori ambulanti, dei panni a stendere, della pelle dei cubani, delle loro case sotto il sole dei tropici.
Per caso mi imbatto in una scena insolita ma anche molto significativa della storia recente di Cuba: grazie all’allentarsi delle maglie del comunismo, negli ultimissimi anni (esattamente dal 2011), dopo mezzo secolo di divieto assoluto, ai cubani è consentito comprare o vendere casa. In un Paese dove l’uso dei mezzi di informazione è però ancora limitato, il metodo più semplice ed efficace è quello di incontrarsi in un punto stabilito della città e comunicare di persona, e con cartelloni fatti a mano, quello che si ha da vendere.
Una città dal grande fascino l’Avana, che merita sicuramente più dei soli due giorni che ho potuto dedicarle. Spero di poterci tornare un giorno, per poterla vivere più a fondo, purtroppo sarà sicuramente molto diversa; mentre scrivo infatti Fidel Castro è morto, e sicuramente il capitalismo e la globalizzazione se ne approprieranno e la stravolgeranno. Sarà interessante notare le differenze e poter fare il confronto, sono contento di averla potuta vedere, anche se fugacemente, prima della sua definitiva trasformazione.
Domani lasceremo la capitale e proseguiremo il viaggio a Cuba, ci aspetta Cienfuegos e poi Trinidad, due tappe sicuramente da non perdere per chi vuole conoscere questa straordinaria isola.
P.S.
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Questo è il racconto fotografico del mio viaggio in Messico e Cuba con Marilena, mia moglie. Il post di oggi vi racconta giorno 8 Laguna Bacalar e Cenote Azul.
Durante l’ottavo giorno abbiamo visitato la Laguna Balar, detta anche ‘Laguna dei sette colori’, e il Cenote Azul, il più bello dei ‘cenote’ messicani, profondi laghi creatisi misteriosamente durante l’era glaciale.
Se sei un appassionato/a di viaggi e vuoi conoscere tutti i dettagli organizzativi e/o se ami la fotografia e vuoi avere informazioni tecniche vai al giorno 1 e 2 del viaggio, all’inizio del post c’è una premessa che fa per te.
Giorno 8 Laguna Bacalar e Cenote Azul
E’ l’ultimo giorno di questo nostro formidabile tour del Messico e una certa malinconia aleggia tra noi stamane. Come ogni mattina ci mettiamo in viaggio sulla Toyota che ci ha scarrozzato per gli Stati dello Yucatan, Campeche e Chiapas e puntiamo verso lo Stato di Quintana Roo, il quarto e ultimo Stato del Messico sud-occidentale. Come al solito io ne approfitto per fermare degli attimi di vita che incrocio durante questo viaggio on the road.
Arrivati alla Laguna Bacalar scendiamo dal veicolo, e subito un signore, vedendomi indaffarato con la macchina fotografica, si piazza davanti l’obiettivo e mi chiede in modo plateale di fotografarlo. Evidentemente è molto orgoglioso dei suoi ‘mezzi baffi’ e io non me lo faccio chiedere due volte.
All’ingresso della laguna c’è un venditore con una bimba stupenda e un fantastico contesto di cappelli colorati che sono il soggetto perfetto per una bella foto, chiedo il permesso e scatto.
La laguna effettivamente ha molte sfumature di blu, e a buon titolo si merita l’appellativo di ‘Laguna dei Sette Colori’. Un padre teneramente gioca con il proprio figlio durante il bagno e punto il mio obiettivo.
Ci sediamo nella terrazza a sorseggiare una birra godendoci la vista dalle tante sfumature di blu difronte a noi, ma la mia attenzione, più che altro, si rivolge ad una bambina seduta con la famiglia al tavolo alle mie spalle: la bimba infatti è intenta a mettersi il rossetto e trovo la scena particolarmente fotogenica. Chiedo il permesso alla madre che acconsente ben contenta e orgogliosa della richiesta, purtroppo la signora toglie il rossetto alla figlia e le dice di sorridere guardando l’obiettivo, così facendo svanisce la spontaneità del gesto e mi rimane semplicemente un ritratto di una bella bambina con rossetto in posa per la foto.
Non soddisfatto continuo a guardare la bimba di sottecchi, sperando si dimentichi di me e si rimetta a giocare con i trucchi. Non smette di tenermi d’occhio e non si rimette a truccarsi, la madre le ha anche pulito il musino, ma adesso la sua posa è più naturale e riesco ad ottenere un ritratto che mi convince decisamente di più.
Decidiamo di lasciare la Laguna per avviarci verso la prossima tappa, ho però il tempo di scattare un utlimo ritratto ad un signore dal volto interessante seduto ad un tavolo del ristorante.
Arriviamo al Cenote Azul che è un grande cerchio blu d’acqua profondissima nel mezzo della verde vegetazione tropicale.
Il posto è molto piacevole e molti si tuffano per un bagnetto d’acqua dolce.
Marilena puccia i piedini nell’acqua.
C’è un ristorante con magnifica vista sul Cenote e facciamo qui il nostro pranzo.
Finito di mangiare chiudiamo con il rituale del tequila sale e limone e Marilena fa le sue solite facce buffe.
Lasciamo il Cenote Azul con il dispiacere della fine, questa è stata infatti l’ultima tappa del nostro girovagare per rovine, giungla e villaggi maya. Victor, la nostra guida, accompagna ognuno di noi presso le strutture alberghiere dove continueremo il resto della vacanza, e salutiamo man mano i nostri piacevoli compagni di viaggio Marika, Mimmo, Alberto e Chiara. Arrivati a destinazione lasciamo anche Victor, che è stato un conducente ineccepibile e una fantastica guida turistica.
Arriviamo in Playa del Carmen presso la struttura dove trascorreremo i prossimi 4 giorni di vacanza con la tristezza di una bellissima esperienza ormai conclusa. Entriamo nel resort di super extra lusso Valentin Imperial Maya e, alla vista di tanto fasto ed eleganza, la tristezza scompare di colpo.
La camera è semplicemente fantastica e, sebbene io non abbia la mia solita attrezzatura da servizio fotografico per alberghi e nemmeno un treppiedi, metto come posso in pratica la mia deformazione professionale di fotografo di hotel e immortalo la camera:
Ci godiamo 4 giorni indimenticabili di relax, cibo, piscina, e spiaggia con tanto di trattamento Vip e super esclusivo. La perfetta conclusione al nostro viaggio in Messico. Ecco una foto fatta con lo smartphone Samsung Galaxy S5 e condivisa sui social giusto per far rodere gli amici.
Tra quattro giorni lasceremo il Messico ma il viaggio continuerà, voleremo infatti a Cuba e passeremo altri 8 giorni indimenticabili in un altro Paese imperdibile per chi ama viaggiare e che da tanto sognavo di visitare.
Il prossimo post mostrerà le foto e racconterà le mie impressioni della prima tappa del viaggio a Cuba: la sua affascinante capitale, l’Avana!
P.S.
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Questo è il racconto fotografico del mio viaggio in Messico e Cuba con mia moglie, il post di oggi vi racconta giorno 6 Balamku e Chicannà e giorno 7 Calakmul.
Durante il sesto giorno abbiamo visitato i poco conosciuti siti archeologici di Balamku e quello di Chicannà. Nella settima giornata abbiamo attraversato la biosfera della giungla di Calakmul e visitato l’omonimo sito archeologico, siamo anche saliti sul più alto edificio di tutta l’architettura maya con una straordinaria vista sul così detto ‘oceano verde’.
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Giorno 6 Balamku e Chicannà
Come al solito sveglia prestissimo e partenza per un viaggio di 330km che ci porterà nella zona del ‘Rio Bec’, un’area archeologica nella parte sud dello stato di Campeche, costituita da siti di recente scoperta e poco battuti dai turisti.
Facciamo una sosta, ho sete, il Messico è famoso anche per la birra, ne hanno di tutte le qualità, decido quindi di comprare una ‘cerveza‘ locale ma non mi rendo conto che quella che scelgo è ai gamberetti e al sugo di pomodoro… sono inorridito dalla scoperta, dopo qualche secondo di titubanza mi faccio comunque coraggio e incuriosito l’assaggio… la peggiore bibita della mia vita! Nessuno dei miei compagni di viaggio vuole saperne di provare a sentirne il sapore e la lattina, ancora piena di quell’oscena brodaglia gelata, finisce nella spazzatura.
La mia attenzione viene colpita da un tir enorme reso ancora più minaccioso, oltre che dalla sua mole, dai copri-cerchioni delle ruote che sembrano uscite da un film futuristico post-apocalittico alla Mad Max.
Tanta minacciosa mole ha finito con lo schiacciare una povera e piccola libellula.
I messicani hanno un rapporto gioioso con il cibo, e lo si può facilmente riscontrare dalle forme generose della maggior parte di loro. Una famiglia molto sorridente preparare ‘comida‘ in stile ‘street food‘ per i viaggiatori.
Riprendiamo il tragitto e lungo la strada è un continuo carosello di venditori ambulanti più o meno improvvisati che vendono cibaglia di tutti i tipi per chi è in viaggio in macchina, furgone o moto.
Dopo 5 ore finalmente arriviamo a Balamku. Le strutture sono conservate benissimo, è affascinante vedere gli alberi crescere sui gradini delle antiche scale. L’elemento più famoso del sito è sicuramente un imponente rilievo in stucco che rappresenta personaggi Maya e giaguari mitologici.
Risaliamo in macchina per raggiungere Chicannà, il secondo e ultimo sito archeologico della giornata. Scoppia un ennessimo acquazzone che, come normalmente sono quelli tropicali, è molto intenso ma fortunatamente dura poco, giusto il tempo di portare l’umidità a livelli ancora più soffocanti.
Anche qui i resti sono ben conservati. Quello che rende questi siti speciali è l’assenza di turisti, siamo gli unici, e nella realtà incontaminata della giungla fatto di migliaia di piccoli suoni ma assenza totale di rumori umani, si ha l’impressione di essere degli Indiana Jones che si imbattono nei resti di una antichissima civiltà sconosciuta.
Ballissimi sono i rilievi che incorniciano le porte e che rappresentano serpenti e animali del mondo Maya.
Anche qui la giungla si esprime in tutta la sua ricchezza di flora e fauna. Avvisto uno stupendo esemplare di tucano e immortalo un frutto sconosciuto che mi colpisce per il rosso sgargiante.
Stanchi e soddisfatti delle due visite concludiamo la giornata ritirandoci nella struttura Chicanna Eco Village Resort che ci ospita per la notte. Un villaggio ecologico immerso nella foresta e a bassissimo impatto ambientale. Pannelli solari, acqua scaldata con il solare termico, lampadine a risparmio energetico dalla fioca luce e assolutamente niente aria condizionata per limitare il consumo di energia, un po’ spartano ma in armonia con la natura che ci circonda. Cala la sera, e intensamente montano i suoni notturni della giungla tutta in torno che ci cantano un’esotica ninnananna, che racconta di un lontano passato dove noi eravamo armonica parte di questo immenso e sonoro tutto. Il canto della foresta ci culla e ci adagia tra le braccia di un sonno pacifico che dura ininterrotto e profondo fino al naturale risveglio all’alba, per l’escursione del giorno dopo, che aspettiamo con ansia: l’oceano verde.
Giorno 7 Calakmul
Arriviamo all’ingresso della zona protetta di Calakmul, una zona archeologica, nella parte più profonda della giungla della subregione di Peten Basin, che si estende per parte del Guatemala che dista da qui una trentina di chilometri. Dobbiamo lasciare l’auto che fino adesso ci ha degnamente portato in giro per questa entusiasmante scorrazzata attraverso il Messico sud-orientale; per entrare in questa parte protetta della bio-sfera bisogna infatti utilizzare dei mezzi autorizzati ed essere accompagnati dai guardiani del parco. Victor, che fino adesso ci ha fatto oltre che da guida anche da autista, cede quindi il post ad un tizio con una brutta cicatrice sul volto che sembra uscito dai peggiori bar di Los Cabos e saliamo su un furgone con il parabrezza spaccato. Il tizio parte a razzo facendoci saltare ad ogni buca e lasciando una lunga e densa nuvola nera di scarichi diesel alla faccia del rispetto per l’ecosistema. Rimpiangiamo sia l’auto di Victor sia la sua guida pacifica e rassicurante. Con noi sale anche un altro impiegato della riserva, taciturno quanto l’autista con la cicatrice ma almeno dal volto più confortante.
Attraversiamo la giungla per circa un’ora e mezza, al centro della strada c’è un roditore incurante del nostro veicolo. Ci fermiamo, e il ragazzo dal volto pacifico lo raccoglie per mostrarcelo. L’animaletto non è per niente contento e, senza mostrare alcun timore per la differenza di mole, strilla minaccioso facendo mostra dei suoi lunghi denti e artigli.
Lo poggiamo sul ciglio della strada e ripartiamo.
Arriviamo finalmente al sito di Calakmul. Anche qui ci sono pochi turisti e la natura sembra voler prepotentemente riprendersi possesso dei suoi spazi.
Questa giungla è ricchissima di infinite varietà di flora e fauna, si contano ben 230 specie di volatili e quasi tutte le specie di felini presenti nel continente americano. Lo spettacolo intorno a noi è infatti formidabile.
A Calakmul vi è una piramide che è l’edificio più grande di tutto il mondo maya, Victor ci spiega che la fatica della lunga scalata per raggiungere la vetta ci ripagherà con una vista mozzafiato sulla biosfera più estesa di tutto il Messico. Ci racconta di una turista che è scesa in lacrime per la grande emozione provata alla vista di tale spettacolo. Non ho voglia di piangere, ma una cosa del genere mi mette grande curiosità, e convinco tutti ad affrontare l’irrespirabile afa e a salire gli infiniti gradoni della piramide.
Arriviamo senza respiro, l’affanno non ci permette di parlare, non è però l’afa che ci toglie definitivamente il fiato, ma quello che vediamo: verde, fronde, alberi, a perdita d’occhio! una pianura fino all’orizzonte di sola giungla, la cui cresta si muove morbida e lenta lambita da qualche leggera folata di vento, di tanto in tanto una vetta di qualche antica piramide maya spunta come nave in un oceano, l’oceano verde. Non ci mettiamo a piangere ma siamo tutti presi da una frenesia di gioia incontenibile. Uno spettacolo che non dimenticherò mai più in tutta la mia vita.
Mari è estatica e viene voglia di abbracciare questo mare infinito.
Una posizione yoga è quello che ci vuole per celebrare l’immensa gioia che stiamo provando. Siamo sul tetto di questa sterminata giungla mozzafiato e Marilena sceglie la più adatta delle posizione yogi, quella dell’albero!
Presi dall’euforia cominciamo a scattare foto e selfie a più non posso con i nostri compagni di viaggio.
Non scendiamo piangendo, come la signora di cui ci aveva detto Victor, ma col fiatone e ancora ridendo per la gioia appena provata.
Domani sarà l’ultima tappa del nostro tour messicano. Siamo pienamente soddisfatti e anche già un po’ malinconici all’idea che presto finirà questo nostro entusiasmante girovagare per siti archeologici, villaggi e giungla. Guardiamo il programma del giorno dopo: la laguna Bacalar, detta anche la ‘laguna dei sette colori’ e il Cenote Azul, il più bello dei ‘cenote’ messicani, profondi laghi creatisi misteriosamente durante l’era glaciale… anche domani si preannuncia una giornata straordinaria.
P.S.
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