La via lattea

la via lattea

Premessa (romantica)

Il firmamento mi ha sempre riempito di stupore. Ho indelebile un ricordo che risale a tantissimi anni fa: ero bambino, avrò avuto 4 o 5 anni al massimo, eppure il ricordo è vividissimo, non so quanta di questa memoria sia realtà e quanta sia rielaborazione romantica del mio cervello di bimbo divenuto adulto, eppure è là, cristallina, come fosse avvenuta appena qualche mese fa, ed invece è passata una vita intera.

Ero con Uccio, il mio migliore amico di quegli anni, una sorta di fratello gemello con cui condividevo avventure e scorribande. Ed io ero come Arturo la cui isola era la campagna solcata da una ferrovia centro delle mie bravate e delle angosce più profonde di mia madre, ad ogni fischio di treno il terrore trasfigurava i connotati della mia giovanissima mamma di allora: “Antonio dov’è?” era la domanda che le scappava di bocca stonata e tremante di paura, perché io, con Uccio, gravitavo costantemente lungo la linea ferrata, e spessissimo giocavo spensierato sui binari, incurante del treno che, a mio pensare, doveva casomai fermarsi ‘iddu’ perché, la “ferrovia mia è!”, come ripetevo a me stesso e ai monelli della mia banda di cui ero indiscusso capo.

Quella tarda sera d’estate non ero sui binari però, perché col buio la linea ferrata, chissà per quale motivo, per noi monelli perdeva totalmente il suo fascino, ma ero coricato a pochi metri da essa, per terra, su un minuscolo fazzolettino di prato di gramigna con a fianco Uccio. Forse stanchi di qualche corsa a perdifiato ci eravamo buttati a terra supini con lo sguardo verso il cielo. Quello che non ricordo bene è il prima e il dopo di questo frammento di memoria, ma sento ancora oggi a distanza di 40 anni l’emozione che provai in quel momento: guardando il cielo stellato sopra di noi, senza dire nulla ad Uccio, ma sicuro che lui sentisse i miei pensieri e lo stupore per la meraviglia dello spettacolo sopra di noi, tremai d’immensa felicità. Non gioia, no, pura, semplice e totale felicità. Silenzio, nessuna parola, solo i nostri respiri affannati che pian piano si placavano e le pupille dilatate dal buio, adrenalina e stupore per aver visto per la prima vera volta le stelle in tutto il loro splendore.

Se mi chiedessero oggi come immagini il paradiso, credo proprio che risponderei: una sera d’estate da bambino a guardare le stelle condividendo quel momento con una persona cara.

Questo è il mio primo ricordo della meraviglia del firmamento. A questo si aggiungono le serate di alcuni anni dopo passate sul terrazzo di un palazzo di città insieme a Pierpaolo, altro migliore amico del periodo, a fissare il cielo con un binocolo cercando, senza alcun successo, di vedere i pianeti e accontentandoci invece del volto impassibile della luna molto più vicina e disponibile. Ma quelli erano anche gli anni dell’adolescenza e, si sa, la felicità non la si scorge più perché si comincia a cercarla, invece di viverla, convinti di trovarla nell’evanescente scia di profumo lasciato dall’altro sesso che fugge via.

Tanti anni sono ormai passati, non solo per me, ma anche per il mio territorio, e con essi sono arrivati stanchezza per il sottoscritto e inquinamento luminoso per la terra che per tanto tempo mi hanno scoraggiato dal cacciare le stelle.

Ultimamente però, merito di alcune recenti imprese astronomiche dell’umanità di cui hanno parlato tanto i mezzi di informazione e di alcune immagini spettacolari del cosmo rimbalzate dai media, mi è tornata l’antica voglia di sollevare il naso verso le stelle e dunque di fotografarle. Sprovvisto, come sono, di attrezzatura telescopica, ciò che per un fotografo, e per la normale dotazione fotografica, è possibile fotografare sono due cose: la luna e la Vie Lattea. Delle due, mi affascina sicuramente di più la seconda. Così recentemente ho deciso di mettermi in gioco e provarmi in un campo fotografico per me assolutamente inedito e al tempo stesso di rispolverare un antichissimo amore: le stelle.

Ovviamente ho dovuto studiare un pochettino ma per fortuna oggi aggiornarsi, grazie ad internet, è di una semplicità alcune volte disarmante: siti e video tutorial sono infiniti, ho dunque impegnato quasi un’intera pigra nottata nell’aeroporto di Orio Al Serio, nell’attesa di un volo di ritorno a casa, a documentarmi in merito.

Studiando ho capito che per questo tipo di fotografia la pianificazione è fondamentale, e così mi sono messo sotto.

 

La pianificazione (indicazioni pratiche)

Come prima cosa dovevo trovare il posto migliore per riprendere il cielo senza che vi fosse troppo inquinamento luminoso, e per fare ciò ho utilizzato il sito Dark Site Finder https://darksitefinder.com/map/ che offre una fantastica mappa del pianeta accessibile a tutti e zoomabile, e che permette di vedere il grado di inquinamento luminoso di qualsiasi sito della terra.

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Con mio grande dispiacere ho scoperto che la Sicilia, dove vivo, non è assolutamente un luogo indicato per l’osservazione astronomica (come potete vedere non vi è alcun punto grigio se non in mare aperto). Screen Shot 2020-07-30 at 10.31.26Ero convinto che in campagna, o comunque sui nostri rilievi, la situazione fosse buona, e invece solo alcune isolette un po’ più lontane della costa possono essere dei buoni siti, il resto è fortemente inquinato. Inoltre, abitando in questo periodo a Mazara del Vallo, che si trova sulla costa a sud-ovest della Sicilia, l’unico modo per allontanarmi dalla luce per me rappresenta la direzione nord-est, però il problema è che la via Lattea, nel periodo di massima visibilità nel nostro emisfero (maggio-settembre) sorge verso sud/sud-ovest, esattamente verso Mazara del Vallo e la costa, cioè la parte più inquinata da un punto di vista luminoso. Se a questo aggiungiamo che per il mio primo tentativo non avevo alcuna voglia di viaggiare ore e ore e magari tornare con un pugno di mosche in mano, mi sono accontentato di andare in direzione Salemi proprio all’inizio dell’area un po’ meno inquinata.Screen Shot 2020-07-30 at 10.37.00

Dopo aver scelto approssimativamente la zona, ho scelto la data. Per il mio primo tentativo ho deciso di scattare in un giorno totalmente senza luna (anche se in verità il fattore luna è una variabile gestibile in base al suo tramontare e sorgere, e la cui presenza può anche essere utile per illuminare elementi del territorio che è meglio includere nello scatto). La mia decisione di escludere totalmente il nostro caro satellite è stata dettata dalla necessità di rendere tutto di semplice gestione vista la mia inesperienza in materia. Per fare ciò ho utilizzato un calendario online (vanno benissimo anche quelli della nonna o di farmacie e supermercati che abbiano le fasi lunari), nello specifico: https://www.timeanddate.com/calendar/

Una volta scelto dove e quando scattare ho usato un paio di altri strumenti per completare la pianificazione: per sapere esattamente in quale direzione guardare per trovare la Via Lattea che, soprattutto dove il cielo non è nelle condizioni di luce ottimali, non è facile da individuare ad occhio nudo, uno strumento molto utile è Stellarium, disponibile come software o come sito a consultazione libera, io ho preferito la versione online: https://stellarium-web.org/. Stellarium, avute le coordinate di dove pensate di scattare e la data e l’ora dello scatto, vi fa vedere esattamente dove si troverà la Via Lattea e la sua migrazione nel cielo.

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Altro sito/app che ho utilizzato per assicurarmi di avere il massimo livello di buio è stato the Photographer ‘s Epehemeris https://www.photoephemeris.com/

Fatta tutta la pianificazione teorica, sono passato a quella pratica, cioè quello che, in termini tecnici, si chiama “location scouting’, cioè andare di persona a trovare, con precisione, il posto ideale dove scattare guardando i luoghi in maniera non più virtuale ma reale. Ho afferrato la bussola (che tengo sempre nello zaino fotografico) e, un paio di giorni prima della data scelta, sono andato, in pieno giorno, nella zona precedentemente individuata con l’intenzione di fare alcuni scatti fotografici ai posti che potevo trovare interessanti usando semplicemente il mio cellulare, la sua geolocalizzazione e Google Maps per poi ritrovarli con estrema facilità. Il mio intento era trovare degli elementi nel panorama che potessero essere interessanti e da includere nello scatto.

Il primo sito che mi è subito piaciuto era caratterizzato da un baglio diroccato che aveva tutto il fascino di un quadro di Turner, il problema era però che si trova sul finire della zona a maggiore inquinamento luminoso e quindi con scarse condizioni di luce, la posizione della via Lattea inoltre non sarebbe stata esattamente tra le due pareti diroccate così come avrei voluto, ma potevo contare sulla rotazione verso ovest della galassia (che nel giro di pochi minuti si sposta parecchio nel cielo) e quindi ho pianificato di fare questo scatto più tardi nella notte. Il posto non è molto accessibile, arrampicandomi con difficoltà tra le macerie mi sono anche procurato un bel graffio con un ferro arrugginito sullo stinco sinistro (per fortuna ho fatto il vaccino contro il tetano non molti anni fa). Ancora oggi a distanza di due settimane rimane il segno, ed è per me una sorta di cicatrice di cui vado infantilmente orgoglioso.

Il secondo sito che ho individuato era un casolare sulla curva della Strada Provinciale 50 già in una zona meno luminosa, molto accessibile e anche con uno spazio dove nascondere l’auto.

Per il terzo sito ho deciso di allontanarmi maggiormente dalla costa puntando verso le colline di Salemi, e per la precisione salendo sul più vicino parco eolico, per una condizione di luce decisamente migliore, sia per la lontananza dal centro abitato di Mazara sia per la leggera altitudine.

Ho salvato i tre posti su Google Maps per ritrovarli nottetempo senza alcuna difficoltà e sono tornato a casa convinto che qualcosa di buono sarebbe uscito fuori.

 

L’attrezzatura

Fatto il lavoro preparatorio online e l’escursione di ricognizione sul campo, ho atteso il giorno dello shooting per preparare con calma tutta l’attrezzatura che ho scelto per la situazione fotografica che mi apprestavo ad affrontare: Nikon d750 (che ho preferito ad altri miei corpi macchina perché tiene molto bene gli alti iso), obiettivo Nikon 14-24 f 2,8 (lente perfetta per l’eccezionale qualità ottica e la luminosità), fish eye Nikon 16 mm f 2,8 per qualche scatto più creativo, scatto remoto a radiofrequenza (e anche quello con filo come scorta), flash Nikon SB910 per luce aggiuntiva e un potente pannello luce continua a led della Neewer con batterie per ulteriore illuminazione nel caso ne avessi avuto bisogno, treppiede Manfrotto super pesante e stabile, bussola, un paio di stativi, e per finire: pantaloni e scarpe da trekking, gilet con tasconi e faretto a led da minatore per sembrare un cacciatore da caverna. Tutto pronto per la spedizione notturna, alle 22:30 mi sono avviato.

 

Fase di scatto (considerazioni intime e indicazioni tecniche)

Il primo scatto è stato il secondo sito (il casolare sulla curva). Non vi nascondo che i latrati lontani e scatenati di un folto branco di cani randagi che sembravano avvicinarsi hanno fatto da inquietante sottofondo  e mi hanno tenuto in allerta per tutta la fase di scatto (durata almeno mezz’ora). In un posto tanto isolato, immerso nel completo buio ogni suono diventa sinistro.  In una terra bellissima e anche strana come la provincia di Trapani (dove almeno un latitante super ricercato ancora si nasconde), non solo il pensiero di animali affamati ma anche quello di qualche predatore umano facilmente si arrampica strisciante come un insetto su per la nuca e ti tiene in continua tensione. Per le tre ore abbondanti che mi ha impegnato l’intera sessione di shooting ho avuto i peli irti sulla schiena.

Tecnicamente in questi casi il problema maggiore è il buio, inquadrare e mettere a fuoco sono un grosso problema. Ho dunque impostato la macchina ai massimi iso e fatto degli scatti per avere la giusta inquadratura. Con il live view ho messo manualmente a fuoco una stella, e poi ho impostato la macchina in manuale a massima apertura (f 2,8 nel mio caso), bilanciamento luce sole (in modo che non cambiasse nei vari scatti) e, per i tempi di scatto, ho usato, invece che la regola del 500, quella del 300, cioè 300 diviso la focale della mia lente (14mm messa a massimo grandangolo), con la regola del 300 si è già proprio al limite massimo dei tempi. Sinceramente non capisco per quale motivo la regola del 500 sia diventata famosa dal momento che, così come ho letto e ho poi sul campo constatato, fa venire le stelle mosse (sì, anche le stelle si muovono, o meglio, la terra ruota e, sebbene lontanissime, esse per noi si spostano nel cielo, con grandissima lentezza e per questo non ce ne accorgiamo ad occhio nudo ma la macchina fotografica, con i tempi lunghi di scatto di doversi secondi, ne registra le scie di movimento). Ovviamente ho sempre scattato in raw.

Ho eseguito diversi scatti, alcuni per il cielo (iso 800, f 2,8 e 10 secondi di scatto, e focale a 14mm) e altri per il casolare e il territorio (iso 800, f 2.8, 48 secondi di scatto, e focale a 14mm e colpi di flash). In realtà poi per il casolare ho utilizzato principalmente uno scatto non illuminato dal flash, ma da un’auto (unico mezzo che è passato durante quella mezz’ora di scatto) che con i fari ha illuminato l’edificio con una luce che mi è piaciuta di più del flash (in verità ho utilizzato anche una porzione di uno shoot con il lampeggiatore per le cime degli alberi).

Ecco i due scatti principali che ho scelto così come usciti dalla macchina e che mostrano un inquinamento luminoso abbastanza marcato.

www.antoniopistillo.com_20LuglioViaLattea_BBB3650 www.antoniopistillo.com_20LuglioViaLattea_BBB3660

 

Il secondo scatto l’ho eseguito nel parco eolico sotto un imponente aerogeneratore. Qui le condizioni di luce erano decisamente migliori e, visto che il buio era più intenso, ho deciso di dare principale risalto alla via lattea piuttosto che ad altri elementi, nello scatto ho voluto inserire anche le pale dell’eolico per dare alla fotografia un minimo di contesto e anche una piacevole geometria con linee di fuga. Anche in questa occasione ho utilizzato la tecnica precedentemente descritta per l’inquadratura e la messa a fuoco, e anche qui gli strani rumori (questa volta non latrati ma suoni di insetti e animali per me totalmente sconosciuti) hanno messo a dura prova i miei nervi. Ad un certo momento, chinandomi per guardare nell’obiettivo mi sono sentito toccare il fondoschiena, per la paura ho fatto un balzo così esagerato che mi ha fatto inciampare e rotolare per terra, con il cuore in gola, convinto di vedere qualcuno che mi stesse venendo addosso con un coltellaccio o qualcosa di simile, ho alzato gli occhi spalancati e mi sono accorto che invece era stato un innocuo cespuglio a toccarmi con i suoi rami rinsecchiti e lì sono scoppiato a ridere irrefrenabilmente come un demente e con le lacrime agli occhi. Per fortuna, per il resto dello scatto la tensione si è abbassata e ogni tanto riprendevo a ridere.

Pure qua ho eseguito più scatti, ho utilizzato anche il fish eye,  ma alla fine ho scelto solo un fotogramma: iso 800, f 2,8 e 20 secondi di scatto, e focale  a 14mm (con il 14-24).

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Terzo scatto, nei ruderi del baglio di campagna, stessa procedura di prima, anche qui rumori strani e intellegibili, e due scatti scelti: uno per il cielo (iso 1600, f 2,8 e 10 secondi di scatto, e focale  a 14mm) e uno con l’edificio e me che con la torcia lo illumino, un classico di questo genere fotografico (iso 1600, f 2,8 e 10 secondi di scatto, e focale  a 14mm). Ho fatto qualche scatto con il fish-eye ma non li ho poi scelti. Dalle immagini è evidente che l’inquinamento luminoso qui è molto forte, a tal punto che ho dubitato molto che avrei potuto utilizzare questi scatti perché temevo di non riuscire a evidenziare sufficientemente la parte bassa della via lattea.

La via Lattea www.antoniopistillo.com_20LuglioViaLattea_BBB3727

Fatte le foto nelle tre location così come da programma, senza essermi rotto nessuna gamba per le condizioni del terreno e senza essere stato sbranato da cani randagi o aggredito da pipistrelli o morso da ragni o altri animali/insetti della campagna, e senza essere stato nemmeno sequestrato o fatto fuori da lupara bianca, verso le 2 e mezza del mattino mi sono infilato in macchina ben contento di tornare nel conforto della maleducazione cittadina.

 

Post-produzione

Per la fase di sviluppo dei files raw ho utilizzato Adobe Lightorrom Classic CC ed è davvero impressionante quante informazioni in termini di luci e colori si possono recuperare, soprattutto utilizzando dei files generati da macchine professionali come la meravigliosa Nikon d750.

Per tutti gli scatti del cielo ho aumentato l’esposizione, aggiunto un po’ di contrasto, alzato le alte luci, abbassato le ombre, alzato i bianchi, e abbassato i neri. Per gli scatti del territorio ho fatto più o meno l’opposto. in tutte le immagini ho aumentato leggermente texture, clarity, vibrance. Soprattutto per il cielo ho molto utilizzato il pennello di Lightroom, le curve, lo split toning, e ho abbassato il rumore. La fato che mi ha dato meno lavoro di post-produzione è stata quella con le pale eoliche perché le condizioni di luce erano decisamente migliori. Al contrario, la foto del casolare, ma soprattutto quella del rudere, mi hanno impegnato parecchio per cercare di fare emergere la galassia isolandola in qualche modo dalla luce che rimbalzava dal territorio, inoltre la scelta di usare più scatti mi ha obbligato all’utilizzo, oltre che di Lightroom anche di Photoshop. La foto del baglio terremotato è quella che ha necessitato sicuramente di maggiore lavoro.

Ecco gli scatti finali in ordine di scatto.

La via lattea www.antoniopistillo.com_20LuglioViaLattea_BBB3660-Edit

www.antoniopistillo.com_20LuglioViaLattea_BBB3721-Edit-4

 

Conclusioni finali

Fotografare la via lattea è stata una sfida abbastanza impegnativa perché non è un tipo di fotografia a cui sono abituato e soprattutto perché fotografarla in zone con un alto livello luminoso è davvero difficile. inoltre è un tipo di fotografia che richiede molta pianificazione e poi sul campo il buio rende l’esecuzione dello scatto più complicata. Devo però ammettere che anche se non sia ha attrezzatura specifica per la fotografia astronomica, con una buona dotazione fotografica, si possono ottenere discreti risultati. Infine tutta l’esperienza, comprese paure e risate, è stata sicuramente indimenticabile, e al di là dei risultati che possono essere più o meno riusciti, è qualcosa che sicuramente consiglio a tutti. Sinceramente non vedo l’ora di ritrovarmi in un luogo come il Deserto di Atacama tra Cile e Bolivia (di cui ho memoria carissima e vividissima e che non ho qui raccontato per non rendere questo post ancora più interminabile di quanto già sia), luogo dove la meraviglia del firmamento è così prepotente da essere apprezzabile ad occhio nudo senza bisogno alcuno di alzare digitalmente le alte luci e abbassare i neri.

Penso che quando avrò nuovamente l’occasione di trovarmi in zone con bassi livelli di inquinamento luminoso ripunterò il mio obiettivo al cielo di notte e vi renderò partecipi dei risultati che, spero, grazie a questa prima esperienza, possano essere ancora più interessanti.

 

P.S.

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